CLIMA: FORSE TROPPE ASPETTATIVE DAL VERTICE DI COPENHAGEN
Dopo 10 anni di crescente allerta e discussioni sulle devastanti implicazioni del surriscaldamento globale, due anni di intense negoziazioni sulle basi di un accordo internazionale per porre un freno al processo e due settimane di "stancanti" riunioni tra delegati e capi di stato di 193 paesi, la Conferenza Mondiale sul cambio climatico, celebrata a Copenhagen, si e' conclusa sabato con risultati a dir poco deludenti. Mancano completamente definizioni di un cambio di rotta tangibile ed immediati; almeno ci sono stati mezzi accordi che potrebbero preludere ad avanzamenti concreti, anche se non certi. Nei mesi precedenti a la Conferenza, era gia' stata scartata l'ipotesi "massimalista" di poter approvare un trattato internazionale chiaro, con impegni precisi sull'abbassamento di emissioni di gas CO2 (i maggiori responsabili del surriscaldamento). Le diverse priorita' tra i Paesi, specialmente tra quelli sviluppati e quelli in via di sviluppo), cosi come argomenti tipo "sovranita' nazionale" hanno, di fatto, bloccato il vertice alla radice. Ma ci si aspettava, perlomeno, l'approvazione di un documento che legasse l'abbassamento delle emissioni ad aiuti a Paesi in via di sviluppo che sarebbe stato vincolante per il futuro. Ebbene, nemmeno questo e' stato possibile raggiungere a Copenhagen. Le differenze hanno avuto la meglio sugli accordi, le reciproche recriminazioni hanno preso il posto dei compromessi responsabili e gli interessi nazionali hanno avuto un peso maggire degli obblighi internazionali. Per questo, alla fine, l'unico documento prodotto degno di essere menzionato, non approvato ma riconosciuto dalla Conferenza, e' stato quello negoziato tra USA, Cina, India, Brasile e SudAfrica. Il veto posto da Venezuela, Cuba, Bolivia, Nicaragua e Sudan ha impedito che il documento fosse ufficialmente approvato dalla Conferenza tutta. Tutto il resto ci porta alla conclusione di un totale fallimento delle negoziazioni. Possiamo, comunque, cercare dei motivi di ottimismo nell'accordo, di tre pagine, che riconsce la necessita' di limitare l'aumento della temperatura globale, almeno di 2 gradi. Richiede che i governi si impegnino, prima dell'inizio di Febbraio, a definire pubblicamente le azioni per la riduzione delle emissioni da qui fino al 2020; questo senza sanzioni nel caso non si compia con il promesso. Obbliga i Paesi sviluppati a sottomettersi ad un controllo "rigoroso, robusto e trasparente" degli obiettivi, supervisionato dall'ONU ed dagli altri Paesi esige dei report nazionali che assicurano la sovranita' nazionale: un vero trionfo per Cina, Brasile ed India. E allora, chevogliamofare?